Santa Kilda day

Una giornata da incorniciare.

Ho appuntamento con Rhonda alle 11 sotto gli orologi a Flinders Street. Così esco di casa alle 9, cammino in direzione sud-ovest, sfioro Fairfield Park, poi attraverso i bei quartieri di Fitzroy e Carlton, stavolta decido di dirigermi più a ovest e passo accanto al cimitero. Vorrei entrare a dare un’occhiata ma non ho tempo, rimando la gita tra le tombe a un’altra volta. Mi dirigo verso sud e cammino al lato dell’University of Melbourne. Non smette di stupirmi questa città di case delle fate fin quasi in centro e la presenza di un alternanza di stili architettonici moderni e old-style.

Arrivo a Flinders Station, ecco Rhonda!

Dopo un rapido giro a Federation Square decidiamo di dirigerci al museo d’arte aborigena; l’ingresso è gratuito, le opere son magnifiche, molto diverse le une dalle altre, si va da quelle classiche a quelle moderne. Rhonda mi spiega il significato di molti quadri, alcuni sono delle mappe di viaggio, altri rappresentano i sogni. Mi ritorna in mente ciò che ho letto a proposito ne “Le vie dei canti” di Chatwin e “Quando vedi un emù in cielo” di Elizabeth Fuller. In questi quadri spesso si distinguono serpenti, uomini (rappresentati come semicerchi) e luoghi che son invece cerchi concentrici uniti da linee.

I più moderni disegnano anche altri animali, vedo cammelli e canguri e una varietà di colori incredibile. Uno mi ricorda il bacio di Klimt.

Dopo una rapida puntata al centro di informazioni turistiche dove faccio incetta di mappe e opuscoli informativi sulla città e dintorni ci dirigiamo verso St. Kilda, la spiaggia più popolare di Melbourne. Dal tram vedo scorrere davanti a me un quartiere sicuramente In, intravedo Albert Park a poche centinaia di metri e penso al prossimo gran premio di F1 (mi torna in mente che in pochi giorni ho beccato già due Ferrari per strada).

Arriviamo quindi nel quartiere di St Kilda, è una giornata di sole fantastica, perfetta per godersi quest’aria marina. Bar e ristoranti hanno i tavoli in strada, c’è aria di relax, chi beve un caffè, chi chiacchiera e chi da uno sguardo alle vetrine. Zona turistica.

Eppure St Kilda non è solo questo; Rhonda mi parla di un quartiere pieno di backpackers, con una forte presenza di senzatetto e tossicodipendenti e conseguentemente di tantissime associazioni di volontariato. È bello farmi guidare da lei tra le sue vie piene di persone alternative, vedo tanti colori, tanti giovani, tanti rasta. Per pranzo mi porta da “Lentils as anythingh“, un posto che mi conquista subito: è una sorta di bar-trattoria dove si possono mangiare degli ottimi piatti di cucina vegetariana e dove non c’è un prezzo stabilito: ognuno da ciò che crede giusto pagare per ciò che ha mangiato. C’è così chi può mangiare anche se non ha niente in tasca, un bellissimo esempio di cucina solidale. Mi ricorda tanto Grañon e Güemes del cammino di Santiago.

Dopo aver spazzolato un piattone di riso alla zucca all’indiana con tanto curry e dei pancakes di verdure giapponesi ci tuffiamo di nuovo in questo quartiere dove mi guida alla scoperta di diversi “Op” negozi dell’usato dove si può trovare di tutto, a prezzi bassissimi e il cui ricavato va in beneficienza (quanto mi ricorda “Humana” di Madrid! anche qui m’innamoro di certi vestiti coloratissimi ma niente compere ancora – devo tirare la cinghia!).

Poi è la volta del giro nella community house del quartiere dove il sabato pomeriggio viene aperto un laboratorio artistico dove ci si può divertire e improvvisare artisti grazie al materiale messo a disposizione gratuitamente a chiunque voglia sporcarsi le mani.

 

Giro tra tele e pennelli, matite colorate e acquerelli, tra i tavoli dove un signore cerca di vendermi una sciarpa (nonostante il caldo quasi estivo), vuole una foto e mi chiede se son ebrea e una signora di origini russe mi fa presente che ha vissuto in Italia per un breve periodo. Un piccolo dolce manicomio, che mi fa sorridere e nel quale mi riprometto di tornare sabato prossimo per cimentarmi in qualche disegno.

Dobbiamo andare, ho appuntamento con Laura, una ragazza tedesca conosciuta tramite il gruppo facebook di au pair a Melbourne. Dieci anni in meno di me, arrivata da un mese, un ottimo inglese, anche lei entusiasta della famiglia e della città tanto che le piacerebbe frequentare l’università qui. Ma i costi dell’istruzione universitaria in Australia son davvero troppo alti.

Passeggiamo sul lungomare, ci dirigiamo sul molo, Rhonda ci dice che non è difficile avvistare pinguini da queste parti, ma oggi fa troppo caldo, sarà per un’altra volta.

Noto che alla destra del molo c’è chi fa skysurf e la mia cicerone mi conferma infatti la possibilità di prendere lezioni da quelle parti, a volte vengono addirittura organizzati dei corsi dalla municipalità e i costi son quindi ridotti.

Passiamo davanti all’ingresso del luna park, icona del quartiere e sfilano davanti ai nostri occhi vetrine e vetrine di dolci tentazioni, pasticcerie e gelaterie che farebbero venire a chiunque l’acquolina in bocca. Stoiche, resistiamo alla tentazione e optiamo per un caffè e una chiaccherata in un bar ma accipicchia quant’è cara Melbourne, un espresso 3.20$!

Finalmente ce ne andiamo in spiaggia, non resisto alla tentazione di togliermi scarpe e calze e fare una passeggiata nel bagnasciuga. L’acqua è gelida! Beh, in fondo a pensarci bene davanti c’è l’antartide e se ci sono i pinguini l’acqua non dev’essere esattamente come quella del Mediterraneo. Eppure c’è chi fa il bagno! C’è tanta gente che gioca a pallone, c’è chi suona, chi chiacchiera, chi prende il sole, chi gioca a costruire castelli di sabbia.

E così questa giornata si chiude in bellezza, con la sabbia tra le dita dei piedi e il sole che scende dolce sulla città.

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